L’EREDITÀ CULTURALE DI MONICA VITTI

Davide Mannelli

La scomparsa di Monica Vitti assottiglia ancora di più, se possibile, la riserva culturale del nostro paese. Perchè il cinema, esattamente come il teatro, la letteratura o le arti figurative, rappresenta una parte essenziale dell’identità di un popolo. La figura della Vitti è stata fondamentale per il cinema italiano: è stata l’attrice che più di ogni altra ha scompaginato i naturali confini interpretativi. Affermatasi come attrice drammatica al fianco del compagno/pigmalione Antonioni agli albori degli anni Sessanta, nel giro di poco tempo si è saputa plasmare verso nuovi orizzonti cinematografici, aprendosi al gioco della “commedia all’italiana” e diventando di colpo comica e brillante, nelle sapienti mani di un maestro del genere come Mario Monicelli. Sto parlando del film “La ragazza con la pistola” (1968), che sancì uno spartiacque nella sua carriera. Da lì in avanti, infatti, sarebbe diventata il “volto femminile” della Commedia: più brava di una Claudia Cardinale e più vera di una Sophia Loren. Gli anni Settanta li passò a braccetto con Tognazzi, Manfredi, Sordi (quanti incontri fra i due!), Mastroianni. Nel giro di due decenni seppe cristallizzarsi come attrice dai mille volti, intelligente nell’accogliere i venti leggeri della commedia come le note drammatiche dei film d’autore. Il destino le ha riservato una brutta vecchiaia, vent’anni e oltre passati in silenzio, lontana dai suoi stessi ricordi e dalla sua stessa bellezza.

Grazie Monica, per quello che ci hai regalato.

 

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