IPERBOLI E PARADOSSI

Carmelo Fucarino

Quaranta giorni dopo Pasqua, giorno dell’Ascensione, si scendeva per un’erbosa mulattiera dalla parte degli arabi magasè di Prizzi, fra famigliole di margheritine bianche e altre gialle, nel profumo dei fiori di sambuco e dello splendore di quelli dei ciliegi e dei mandorli, alla chiesetta campestre del Santo Crocifisso dei Salici con l’annesso locale delle monache del Collegio di S. Maria, ove c’era la ruota per i bambini abbandonati, eufemisticamente “esposti”, divenuti Esposito. Ma l’Ascensione era contorno di altra festa, quella di Sant’Antonio abate, all’abbagliante e tiepido sole di primavera. Si festeggiava in effetti la giornata della benedizione degli animali, un nitrire di cavalli nella piana, muggire di vacche, ragliare di asini e belare di capre e un rincorrersi di agnellini, non mancava il grugnire del prezioso maiale di cui nulla si sprecava. E assieme a oche, galline e galli, anche i cani, in genere di mannara e di caccia. E ne godetti per anni, con i calzoncini corti e assieme alla moglie, sempre nello scampanio della chiesetta e nei belati, fra i trilli delle rondini, appena arrivate a mettere in funzione il nido di sabbia sotto il mio balcone di pietra. La liturgia della Messa nella rustica fabbrica e nel punto sacrale della spianata la benedizione di quella folla variopinta e diversa di animali domestici. E poi la processione lungo lo stradale al chiacchiericcio dell’acqua che scorretta nella cunetta. Ora me la trovo anche in internet (cf. www.maranatha.it., Benedizionale – Rituale Romano, a cominciare dalle premesse del 1058), e apprendo che in effetti la festa di Sant’Antonio abate si celebra nella liturgia cattolica il 17 gennaio, così a Modena. Tutto spiegato in campo etnologico con la leggenda che in quella notte gli animali parlino, cosa di cattivo auspicio (fiamma ai suoi piedi). Perciò i contadini se ne tenevano lontani e li facevano benedire. E nel sito trovo la preghiera della benedizione degli animali domestici, pure del cane. Da decenni nell’uscita mattutina a Palermo trovavo solo signore che portavano i loro cani a “sporcare strade e giardini”. Sì, perché se raccolgono la cacca, a parte la rabbia, tanta varietà di zoonosi nasconde la loro pericolosa e contagiosa pipì che profuma viali e giardini, come se questi fossero stati creati per l’ufficio di latrine di cani e non di parchi per bambini e vecchietti. E le vociate e i rimproveri ai loro cani dai nomi deliziosi, se non seguono i loro ordini e i loro voluti tragitti. Ma il paradosso, – mi perdonino le numerose sigle di difensori degli “animali”, detti “animalisti” -, consiste oggi nella fastosità, varietà di gusti di pietanze e raffinatezza di indumenti presenti nei numerosi ed immensi ipermercati per pet. Sarei ritenuto un pazzo retrogrado se citassi la Genesi sul “posto” riservato agli animali. Certo però che ad essere cattolici e seguaci della Bibbia ebraica è facile, se si seguono solo le norme e le leggi che convengono, a nostro uso e consumo: Genesi, 26 – E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E certo l’offesa alla dignità dei “figli” umani, l’appellativo di “bambino” che, secondo il battage ormai esclusivamente scandalistico della narrazione offerta dei mass-media, ha fatto intervenire Papa Francesco, simbolo del Santo che parlava con gli animali come Pitagora il vegetariano (cf. due miei saggi in merito). Certo, se fosse stato vero e l’interessata invece smentisce e narra altra storia, sarebbe da chiedere come tante donne hanno procreato questi amatissimi “bambini” che occupano addirittura i loro letti. Sappiamo solo di Pasìfae e del suo camuffamento in vacca ad opera di Dedalo dato il suo folle amore per il bianchissimo toro.

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