PAROLA DI DANTE

Gabriella Maggio

Abbagliare

[…] tal mi fec’io a quell’ultimo foco
mentre che detto fu: “Perché t’abbagli
per veder cosa che qui non ha loco?”

Paradiso XXV, 122

Così diventai io ( come chi aguzza lo sguardo  e per lo sforzo diventa cieco) guardando l’ultimo spirito ( S. Giovanni) splendente  come fuoco , finchè non mi fu detto da lui : “ Perché t’abbagli per guardare qualcosa che non  qui c’è?

Dante si trova nel cielo delle Stelle fisse dove dopo essere stato esaminato da S. Giacomo sulla speranza, appare il terzo apostolo S. Giovanni, che, per un’erronea interpretazione del Vangelo, si credeva fosse stato assunto in cielo col corpo. Nel tentativo di vedere dentro la luce, il poeta resta abbagliato, e S. Giovanni appaga la sua curiosità, anche il suo corpo attende la resurrezione.

 Il verbo abbagliare, già attestato nel Duecento, ricorre quattro volte nella Commedia. Nell’Inferno, XXIII, 64 col significato proprio di “offuscare o togliere la vista a qualcuno con la propria luce” (riferito alla doratura delle cappe di piombo degli ipocriti). Un secondo significato si ha in Purgatorio XV, 28 e Paradiso XXV, 122, riferito alla luce divina, al fulgore che irradia dagli angeli e dalle anime dei beati. Col significato figurato di “confondere la mente” si trova in Purgatorio XXXIII, 75, nelle parole di Beatrice, che risplendono del fulgore della verità divina. Dante utilizza il verbo abbagliare anche nel Convivio, col significato di ‘confondere’, e nel Fiore, nell’accezione di ‘trarre in inganno’: questo significato, prima attestazione dantesca, avrà grande fortuna nella lingua letteraria fino al Novecento.

 

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