Giuseppe Cuneo … un cronista siciliano del Settecento – II Parte

( A. Lo Nardo )

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Collegio dei gesuiti a Messina

Quale testimone oculare ci lascia una vivida descrizione dei «Terremoti successi nel Regno di Sicilia nell’anno 1693 e li gran danni che fecero in molte città, terre e casali di esso e che occorse in Messina» lasciandosi andare ad un commento molto acuto ed ironico a proposito dei ciarlatani che spuntano in simili situazioni «Quante profezie si intesero, quanti oracoli parlarono, quante visioni vi furono, quanti pseudo profeti profetizzarono! Per più e più mesi si passò per Messina in queste rivelazioni e, quello che più era da ammirare, li terremoti e li bissa menti che si predissero, mai successero in quelli giorni predetti, ma in altri giorni e notti non indicate, e molte volte in tempi placidi e buoni: si haverìano meritato tali indovini in premio delle loro divinationi una galera!».Sulle maliziose burle dei monelli messinesi, i cosiddetti “bastaselli”, si dilunga abbondantemente e «alcuni aneddoti degli anni 1701 e 1702, onde originano barzellette, motteggi e gridate fanciullesche di piazza» sono state inserite da G. Pitrè nel suo volume “Cartelli, pasquinate, canti, leggende, usi del popolo siciliano”.

 

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Grande ospedale a Messina

Grazie alla sua descrizione apprendiamo particolari curiosi ed interessanti su un processo per stregoneria che si svolse a Messina nel 1671 e vide Francesca Filanda, monaca di S. Domenico, condannata alla forca e «il seguente giorno che fu afforcata, il suo cadavere fu legato ad una coda di cavallo e fu strascinato per tutta la città, dandosi la sera allo busto condegna sepoltura, e la tseta in una gradetta di ferro fu appesa alla cantonera della Carcere del Palazzo, dove si vidde per molti anni, e dopo si consumò e disfece». Cuneo descrive, con un’abbondante dovizia di particolari, i festeggiamenti con la superba cavalcata finale tenutisi a Messina il 6, 7, e 8 marzo 1701 per l’acclamazione del nuovo Re di Spagna Filippo v di Borbone. La descrizione occupa ben ventisei pagine dei manoscritti riportando sonetti e canzoni composte per l’occasione e un puntuale “Ordine della cavalcata” che dà l’idea dell’esatta gerarchia vigente a quel momento. Dagli Avvenimenti apprendiamo che nel Settecento a Messina esisteva una carica particolare, una specie di sceriffo, garante dell’ordine, del decoro civico, dell’igiene e di super visore dei prezzi e delle speculazioni: il “Maestro di piazza” che – tra l’altro – aveva particolari poteri di polizia «e se da botegari o facchini non era obedito, provvedeva alla carcerazione». E «ha di più il Mastro di Piazza per officio in vigilare che le cavalcature che entrano nella città vadino con il loro freno o capestro e che non stijno ferme sole, acciò non faccino danno, e ritrovandole cossì, o che fermate hanno la corda del freno disciolta e non tenuta a mano o legata qualche porta, sono in pena di pagare poca somma di denari». Infine, riteniamo opportuno segnalare che Cuneo narra quella che potrebbe essere considerata una sfida calcistica ante litteram tra Francia e Italia, nel caso rappresentata da Messina. L’11 agosto 1702 giungeva a Messina il principe Luigi Alessandro Borbone, conte di Tolosa, viceré di Sicilia e figlio naturale di Luigi xiv; un bel giovane di ventiquattro anni che giungeva in città dopo il perdono della corona di Spagna a Messina che si era ribellata nella rivolta del 1674-1678. Il 29 agosto «nel piano che si stende dalla chesiola della Vergine delle Gratie fino al rastello della Cittadella e del Bastione di D. Blasco, piano lungo, largo e spatioso, il Conte di Tolosa a piedi ha andato con molti Cavalieri francesi più volte il doppo pranzo et ivi ha giocato alla palla per terra: vi ha concorsa gran gente per curiosità, e tutti con familiarità hanno stato con il cappello in testa. Il Conte medesimo, per la folla, con bocca risa ha detto a quelli che si affollavano per vederlo giocare che si allargassero […]».

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