ECHI DI GABRIELLA MAGGIO

Maria Teresa Armentano

 Non mi smentisco nel mio girovagare tra i libri di poesia; inizio sempre dal titolo e dal suo perché che ritrovo immancabilmente nel testo. La parola “echi” riporta alla mente il mito della ninfa Eco la cui voce si  infrangeva contro le rocce delle gole montuose disperdendosi, senza superare le cime degli alberi del bosco sacro. E non è estraneo il ricordo al riannodarsi delle reminiscenze latine lucreziane e catulliane in alcune poesie di Gabriella Maggio. Gli echi della poetessa, i suoi versi del tutto diversi, non volano oltre, bussano al cuore di chi li ascolta, non si dissolvono nell’aria ma interrogano e si ancorano all’anima del lettore. Sorprende la luce sempre presente: intermittente, rara di un faro nella nebbia, fioco lume di una candela, bagliore di lampi, luce  del giorno che lentamente s’abbuia, alone smarrito, il luccicare del ruscello e il baluginare delle ombre. La luce irrompe, dissipa le tenebre e fuga le ombre riempendo di vita la poesia della Maggio. In Alma Poesis scrive: “ I versi cercano sempre la luce/ per l’agile slancio dell’equilibrista/”.Il verso di Lucrezio sussurra con il suo ritmo di esametro quanto sia arduo il cammino del poeta nell’accostarsi a (iuvat integros accedere fontis atque  haurire) fonti incontaminate e attingervi e nel rendere vivi gli strumenti della scrittura attraverso le parole. Le parole nate dal cuore e fissate sulla carta alimentano i ricordi di un tempo e le visioni di una natura sempre vicina all’uomo, scenario e sfondo dell’esistenza che raffigura con rapide pennellate sentimenti di dolore e gioia. L‘estro poetico di Gabriella Maggio fa riemergere le emozioni profonde dai gesti del quotidiano come il sedersi sotto l’albero della piazza al bar, lo stare volentieri sul balcone e cogliere così il senso del tempo che scorre attendend…Ora che il tempo è mite/ e si sta volentieri sul balcone/E intanto scorre questo tempo epico/ di assoluta vertigine che vuole tatto e suono/ (E ridere così).La poetessa si confronta col tempo trasfigurato in epico, evocato come  suggello di momenti sospesi, tempo fiacco in attesa  di un nuovo orizzonte che si apre all’improvviso,  o  che da lontano appare vuoto, colpevole per le tante lacune  che lasciano  un dono di un raggio di sole tra presagi di tempesta . Nel raccontare se stessa la poetessa ha davanti la sua vita  quando si affollano alla mente e al cuore i ricordi di bambina o i sogni di ragazza …Batte forte il mio cuore ancora di ragazza/nel sogno di verdi prati/quando soffi di vento leggero intrecciano i capelli / a storie lontane/ a una voce calma  dal vuoto del tempo/(Da lontano)  o di donna che invita all’amore …  mentre il sogno lotta col meriggio e l’ordinario non accetta sortilegi(Ti vengo alle spalle silenziosa). La Maggio non canta solo l’amore sincero e vero quando si rivolge all’universo femminile; nei suoi versi si raccoglie il dolore di un falso desiderio truccato d’amore, quello del possesso, delle donne travolte dalla crudeltà della guerra o  della donna ingannata e indifesa. L’amore ti ha ghermito/ cieco e inaspettato/indifesa ti sei arresa all’inganno della pace e all’abbraccio/ e hai lambito con dolcezza la sua mano assassina/ (Amore cieco). Il sentimento dell’amicizia intrecciato alla tristezza della perdita trova corrispondenze nel dolore e nel verso catulliano e innalza a valore di universalità la poesia a significare che l’immortalità dei versi supera ogni tempo e spazio. Il tempo che fa strage persino delle pietre delle antiche città non può ricoprire con l’oblio la forza delle emozioni espresse nei versi. L’alma Poësis la nobile poesia che è passione, indiscutibile Karma per ogni autentico Poeta, che la poetessa definisce respiro, albero della vita, arca che salverà dal prossimo diluvio ha nei versi di questo libro il suo compimento e la sua essenza anche nel legame sempre presente e sotteso con elementi naturali umanizzati che hanno una loro voce come il mare con la sua risacca e il vento leggero. Aleggia in questi versi  la speranza dell’amore e dei ricordi, lievito e sale dell’esistenza.

Di là dal muro spuntano già i fiori /nella primavera della speranza.

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