Libertà
(Natale Caronia)
Libertà vo cercando ch’è si cara, come sa colui che per lei vita rifiuta.
Libertà senza limiti non è libertà.
Libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.
Nella storia dell’umanità mai termine ha avuto le più disparate interpretazioni su una condizione che sta alla base della vita dell’essere umano il quale, trovando nell’aggregazione motivo di sicurezza, protezione e solidarietà, ha sviluppato attraverso la società comune ciò che viene definito progresso. Il prezzo da pagare è stato la delimitazione delle propria libertà in funzione della libertà altrui e poi, con il dilatarsi delle primitive aggregazioni nelle polis, quindi nelle nazioni, la necessità di leggi per regolamentare i rapporti tra gli individui, e tra questi e lo stato, circoscrivendo ulteriormente la propria di libertà. Nel corso dei secoli abbiamo assistito ad interpretazioni opposte di tali rapporti: il popolo per lo stato o lo stato per il popolo. La guerra tra greci e persiani è la testimonianza storica di tale contrasto e dobbiamo alle Termopili, a Platea, a Maratona, a Salamina se lo spirito di libertà di pensiero e di indipendenza che l’umanità deve ai progenitori greci è riuscito a prevalere sul concetto di sudditanza del singolo allo stato che i persiani avevano. E diversa sarebbe stata la storia del mondo.
Né sono mancati esempi di dittatura nella storia recente che, nel nome del popolo, hanno permesso alle oligarchie di schiacciare i cittadini.
Ma anche nelle moderne democrazie si possono verificare situazioni in cui il cittadino viene considerato suddito; questo succede con l’accentramento del potere e con l’invadenza del potere pubblico.
“La più cogente ragione per circoscrivere l’ingerenza del governo è che ogni ampliamento non indispensabile del suo potere è un male enorme. Ogni volta che alle altre funzioni già esercitate da un governo se ne aggiunge una nuova, si estende il raggio della sua influenza sulle speranze e i timori, e sempre più si trasforma la parte attiva e ambiziosa del pubblico in parassiti del governo o di qualche partito che abbia mire di governo. Se le strade, le ferrovie, le banche, le compagnie di assicurazione, le grandi società per azioni, le università, gli istituti di beneficenza pubblica, fossero tutte diramazioni del governo; se, per giunta, le aziende municipali ed i consigli locali, con tutto quel che ricade su loro, diventassero tutti delle sezioni dell’amministrazione centrale; se i dipendenti di tutte queste varie imprese fossero reclutati e pagati dal governo, e nel governo trovassero le sole possibilità di miglioramento della propria vita: ebbene, allora neanche tutta la libertà di stampa del mondo, né con una struttura legislativa la più democratica possibile, si riuscirebbe a fare di questo Paese, o di qualunque altro, un Paese libero se non di nome”.
Da: “La libertà” di John Stuart Mill, pubblicato nel 1858.