LO SPOT SICILIANO DI IKEA

(Gabriella Maggio)



Il 9 marzo ha aperto le porte ai consumatori volenterosi ed impazienti l’ Ikea di Catania. L’evento è stato accompagnato da una densa campagna pubblicitaria cartacea e televisiva. In particolare mi ha irritato  lo spot televisivo, perché mi pare che evochi un’atmosfera greve e stantia e renda generale un atteggiamento mafioso che non appartiene a tutti i  siciliani. La graziosa villetta appartata in campagna, gli abitanti corpulenti che trasportano dei sacchi pesanti, intimandosi vicendevolmente il silenzio per evitare le mortali rappresaglie dei vicini. Uno dei sacchi  sembra molto pesante ….cosa ci sarà mai ? All’interno una tavola ancora ingombra di cibo e di stoviglie, resti di un pranzo di famiglia o un after dinner con eliminazione di traditori finiti nella “munnizza”?  Ma dove sono i mobili Ikea ? Se ne vede appena uno scorcio. L’ultima chicca dello spot è un anziano signore in abito bianco, dal fare spiccio e minaccioso che mette in riga i giovani, spaesati e fiacchi.  Mi chiedo come uno spot simile possa attirare i consumatori. Forse i più superficiali e i meno suscettibili alle sfumature mafiose. Ma  credo che Ikea si rivolga a tutti e così non ci riesce. Sorvolando sulle assunzioni del personale, che più che creare benessere creano altro precariato; tacendo dei dipendenti della Cesame, guardando lo spot mi chiedo se è questo il modo di guidare lo sviluppo economico e culturale dei Siciliani. Sì, è vero che la mafia, nonostante i continui successi dello Stato, ancora resiste ed è una realtà con cui fare i conti ogni giorno. Ma farne materia di uno spot che invita al consumo può andare nella direzione contraria  alle azioni di lotta alla  mafia che da più parti si organizzano. Cioè si rischia di rendere  accattivante la malavita. E non sarebbe la prima volta. Quanto sarebbe stata preferibile l’illustrazione di un prodotto qualsiasi in vendita, l’attenzione  ai costi competitivi, l’organizzazione del lavoro nella struttura. Forse non c’è più tempo per convincere invece che impressionare? I pubblicitari lo sanno bene che  i consumatori vanno dove sono portati, allora perché non decidono di guidarli  attraverso immagini semplici ed utili per capire il prodotto ? La risposta potrebbe essere perché i consumatori vogliono sempre di più. Ma chi educa il loro gusto ?

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