LE CHIESE DELLE NAZIONI STRANIERE A PALERMO

( Giacomo Cangialosi)

Fontana del Garraffello (ph. La Repubblica)

Dopo la conquista  da parte dei normanni, la Sicilia divenne luogo di commercio per molte città italiane e nazioni estere: i primi ad arrivare furono gli Amalfitani che diedero addirittura il nome al borgo che abitavano e dove avevano le loro attività commerciali; a questi seguirono i Pisani e i Genovesi mentre non è documentata la presenza della quarta repubblica marinara: i Veneziani. Con la cacciata degli angioini, successiva alla guerra dei Vespri siciliani nel 1282, arrivarono anche i Catalani, i Lombardi, i Calabresi e ovviamente, per motivi geografici e storici, i Napoletani. Tutte queste realtà straniere si riunirono in corporazioni con consoli che li governavano ed erano protetti da privilegi reali e concessioni speciali. Ognuna di esse eresse intanto la propria chiesa che non aveva solo lo scopo di culto verso il loro santo protettore (a volte non coincidente in verità) ma era anche il luogo dove avvenivano le riunioni per deliberare. Alcune ebbero anche delle logge, tutte presso il Garraffello, dove svolgevano i loro affari. Proprio queste logge diedero il nome ad un Mandamento. Con tali nazioni giunsero a Palermo anche molte famiglie nobiliari che incisero notevolmente nella storia della città. Tutto rimase inalterato fino all’Unità d’Italia quando la presenza di queste “nazioni” non ebbe più alcun significato, solo la chiesa di S. Eulalia restò in proprietà della Spagna ed oggi è utilizzata dal centro studi Cervantes. La maggior parte delle chiese delle “nazioni” estere si trovava presso i luoghi di commercio e quindi presso il mare, anche se i Pisani, che, in origine, avevano la sede presso l’antica chiesa di S. Zita si trasferirono poi alla Guilla cedendo la loro chiesa ai Domenicani i quali la utilizzarono per ingrandire l’acquisita chiesa della santa lucchese fondata probabilmente dai suoi concittadini. La ricchezza delle nazioni straniere è documentata anche dalle commissioni di opere d’arte ai maggiori artisti: ricordiamo come esempio Antonello Gagini che scolpì l’arco con bassorilievi per i lucchesi (chiesa di S. Zita) e gli affreschi della chiesa dei pisani realizzati da Guglielmo Borremans.

(Oratorio del Rosario di S. Zita)

Oggi a Palermo troviamo ancora alcuni di questi sacri edifici mentre altri sono stati distrutti o utilizzati ad altri fini:

gli Amalfitani fondarono la chiesa di S. Andrea che addirittura fu parrocchia per alcuni anni, ceduta poi agli aromatari ed oggi proprietà dei farmacisti, è stata recentemente restaurata dopo l’improprio uso a vetreria e, spogliata di tutti gli arredi, continua ad essere chiusa;

i Genovesi ebbero all’inizio una cappella dedicata a S. Giorgio nel chiostro dei Conventuali ma, acquistata la chiesetta di S. Luca al Castellammare, la riedificarono dedicandola a S. Giorgio;

i Napoletani ebbero concessa all’inizio una chiesetta presso il Castello a Mare dedicata a S. Giovanni Battista ma, per motivi di sicurezza in caso di guerra, venne demolita e quindi i napoletani edificarono una nuova chiesa nella piazza Marina dedicandola allo stesso santo;

i Pisani ebbero la loro prima chiesa presso porta S. Giorgio dedicata ai Ss. Quaranta Martiri ma, per concessione fatta ai Domenicani, come già detto, si trasferirono alla Guilla dove innalzarono la nuova chiesa;

i Lombardi ebbero all’inizio una cappella dentro la parrocchia di S. Giacomo la Marina e anche la chiesetta di S. Sofia dei tavernieri (che erano per la maggior parte lombardi) e poi edificarono una loro chiesa alla Fieravecchia dedicandola a S. Carlo Borromeo, anche se dopo pochi decenni la cedettero ai Benedettini;

i Calabresi avevano la loro chiesa nel mandamento Palazzo Reale dedicata ai Ss. Giosafat e Liberale ma la cedettero ben presto ai macinatori di grano, nel 1943 venne completamente distrutta dai bombardamenti;

i Lucchesi (che  gestivano il commercio dei tessuti) avevano edificato la chiesa di S. Zita ma, cedutala ai Domenicani, si trasferirono verosimilmente dietro il Monte di Pietà edificando la chiesa del Crocifisso di Lucca che dividevano con altre maestranze. Questa dopo il 1860 passò a privati ed oggi è in uno stato deplorevole, utilizzata come negozio e per qualche tempo come moschea;

i Catalani eressero alla Loggia la chiesa di S. Eulalia mai portata a termine e addirittura fecero arrivare da Barcellona le colonne di marmo;

i Greci avevano la loro chiesa presso l’Infermeria dei Cappuccini ed la dedicarono a S. Tommaso apostolo;

anche gli Inglesi fondarono una chiesa a Palermo: S. Tommaso di Canterbury adiacente al palazzo del Protonotaro del Regno Papè Valdina. Si pensa che sia stata edificata da inglesi fuggiti dalla loro patria a seguito della regina Giovanna Plantageneto moglie di Guglielmo II. Molto più recentemente (sec. XIX)  le famiglie inglesi dimoranti a Palermo costruirono una loro chiesa in via Ingham (oggi via Roma) dedicandola alla S. Croce e officiata con rito anglicano.

Mi pare opportuno inserire pure la chiesa della Commenda di S. Giovanni alla Guilla dei Gerosolimitani e l’oratorio di S. Giovanni (detto S. Giovannuzzu) dei Cavalieri di Malta.

Da ricordare anche la cappella della Soledad, già nella distrutta chiesa di S. Demetrio nel piano del Palazzo, salvatasi fortunatamente dalle bombe e ancora oggi proprietà della nazione spagnola.

 

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