LA TRIBÙ PRIMITIVA DI NORTH SENTINEL

(Carla Amirante)

E’ recente la notizia di un triste caso avvenuto alla fine dell’anno scorso nel del golfo del Bengala nell’isola di North Sentinel dell’arcipelago delle Andamane, dove un giovane missionario americano, nel portare il messaggio evangelico, è stato ucciso dalla tribù di primitivi indiani, che vive lì. Questo evento tragico però ha riportato all’attenzione mondiale il fatto, apparentemente impossibile, che nel XXI secolo sul nostro pianeta possano ancora esistere delle comunità primitive che non siano entrate ancora in contatto con la nostra civiltà o che evitino ogni forma di rapporti con essa. Queste tribù, formate da piccoli gruppi con pochi membri, sono più di cento e concentrate nelle zone più interne e di difficile accesso del Sud-America, in Brasile, Colombia, Bolivia, Ecuador, Paraguay, e del Sud-Est Asiatico, in India e Papua. La sopravvivenza di questi popoli primitivi però è molto importante per gli studiosi e per gli Stati in cui vivono, perché sono considerati un patrimonio, raro e prezioso, da salvare in quanto rappresentano la memoria di come l’uomo odierno è stato tanti secoli e millenni addietro.

Le popolazioni primitive conoscono, rispettano la propria terra e per questo vanno difese contro i grandi progetti speculativi che vogliono stravolgere la natura e sfruttare i loro territori in maniera selvaggia, con risultati spesso devastanti. Gli indigeni vanno considerati, inoltre, come persone da non chiudere dentro stretti spazi di terra, resi sterili da chi li vuole civilizzare, e non vanno osservati come strani fossili dentro una piccola teca di vetro. Preservare questi popoli non ha solo un significato umano, ma ne ha anche uno culturale e morale, avendoli conquistati, decimati e distrutto i loro territori per prendere possesso delle risorse naturali invece da questi custodite e rispettate con amore. Dagli studi antropologici si è compreso il loro riguardo e rispetto verso la natura che li circonda mentre spesso l’uomo civile di oggi non ha più questi sentimenti ed è responsabile della distruzione del pianeta. Gli uomini primitivi invece conoscono da sempre il valore della natura di cui si sentono parte integrante e vogliono vivere in armonia con essa, considerandola la “grande madre”, il luogo fisico da cui traggono le risorse per vivere e il luogo ideologico, dove è nata la propria stirpe, con i miti originari e tutta la sequela di quei valori che l’uomo civilizzato non ricorda più. Costoro, con il loro sapere originario, rappresentano un termometro dello stato di salute della terra che insieme a loro può distruggersi per lo sfruttamento selvaggio portato avanti da una civiltà malata o distratta. Tornando a descrivere la tribù Sentinelese, citiamo Marco Polo che, nel 1296, parlò delle remote isole Andamane e dei Sentinelesi come una delle tribù più violente e selvagge dell’Asia, che uccidevano e mangiavano quelli che, giungendo da fuori, venivano a trovarsi sul loro territorio; ma il loro cannibalismo non è mai stato confermato. Tuttavia la tribù di quei 50 o 500 individui, presenti sull’isola di North Sentinel, continuano a vivere come nell’Età della Pietra ed è ritenuta l’ultima e la più isolata tribù pre-neolitica della Terra, che pratica ancora la caccia e la pesca. Ma è errato pensare che siano rimasti fermi all’età della pietra, perché i suoi membri riescono a costruire utensili e armi con il metallo, recuperato dalle navi naufragate sugli scogli vicino alla barriera corallina dell’isola. Si crede pure che siano i diretti discendenti delle prime popolazioni umane arrivate dall’Africa, e che vivano sull’isola da circa 60.000 anni; inoltre la loro lingua, molto diversa da quella degli altri abitanti delle isole Andamane, ci fa comprendere che, nel corso di questi migliaia di anni trascorsi dal loro arrivo sull’isola, i rapporti con gli altri popoli sono  stati molto rari anche per la terribile reputazione che hanno. Essi vengono descritti come “selvaggi” o “arretrati” perché rifiutano ogni contatto con il mondo esterno e pronti ad uccidere, con ottimi archi e frecce ben appuntite, chiunque scenda sulla loro isola. L’ostilità della tribù nei confronti degli estranei è tuttavia comprensibile poiché il mondo esterno porta il più delle volte violenza e malattie. Il primo incontro con i Sentinelesi, di cui si ha notizia, fu nel 1867 quando 106 naufraghi di una nave indiana finirono sull’isola; costretti a difendersi dagli attacchi degli indigeni, furono salvati da una nave britannica in tempo. Fu così che iniziò la triste fama di quella tribù ostile. Nel 1880 l’ufficiale britannico Maurice Vidal Portman, comandante sulle isole della zona, venne a North Sentinel con i suoi uomini e catturò sei sentinelesi: un uomo anziano, una donna e quattro bambini. I britannici li portarono altrove, ma l’uomo e la donna morirono presto (non è chiaro perché), mentre i bambini, con regali vari, furono riportati sull’isola. Portman tornò sull’isola altre volte, ma non riuscì a instaurare un rapporto amichevole con gli abitanti che forse capirono che si voleva trasformare l’isola in una piantagione di cocco e farli schiavi. Poi, sempre alla fine dell’Ottocento, un detenuto fuggito da una prigione di Port Blair, finì sull’isola e fu ucciso; di recente due pescatori hanno incontrato una sorte analoga; nel 1981 un’altra nave cargo, la Primrose, si è incagliata sulla barriera corallina vicina all’isola correndo gli stessi pericoli prima di essere salvata. Il rischio di questi incontri però è reciproco: per gli stranieri di venire uccisi e per gli indigeni di contrarre le malattie del mondo civile che per loro spesso sono mortali, come è successo a due tribù delle Andamane, “beneficiate” della civilizzazione occidentale, che le ha decimate e ha distrutto le sue terre. Totalmente isolata, questa tribù primitiva attualmente gode di buona salute, ma non ha le difese immunitarie necessarie per difendersi dalle malattie comuni, come l’influenza e il morbillo, quindi  può ammalarsi con estrema facilità ed estinguersi. Infatti le autorità indiane riconoscono il loro desiderio di vivere in modo appartato e si limitano ad un monitoraggio remoto, come pure hanno effettuato, dopo lo tsunami del 2004, controllando, a distanza le condizioni di vita dei Sentinelesi, che, unici dei dieci milioni di persone coinvolte nel disastro, si erano salvate con la loro scienza preistorica. Forse nascondendosi sui monti dentro le caverne?

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