MONACI, MONASTERI E CONVENTI

(Francesco Paolo Rivera *)

Chiesa di S. Ignazio all’Olivella

Non esisteva, nel settecento, un ordine religioso che non fosse rappresentato in Sicilia e in Palermo; la religione cattolica era praticata da tutta la popolazione. Alcuni Vicerè (sia di quelli nominati dalla monarchia spagnola che quelli borbonici) erano Vescovi o Cardinali (di Palermo e/o di Monreale), molti amministratori di prestigio, che partecipavano alla vita amministrativa del Regno di Sicilia erano membri delle comunità religiose, e il Re era Legato pontificio.  I Basiliani (di rito bizantino), i Benedettini, i Cappuccini, gli Agostiniani, i Domenicani, i Minimi (ordo fratem minorum), gli Antoniani, i Carmelitani, gli Osservanti, i Francescani, (ad eccezione dei Gesuiti che erano stati espulsi dal Papa Clemente XIV° nel 1767) avevano a Palermo i loro monasteri e conventi (1).Vi erano poi dei preti secolari e regolari che partecipavano alle così dette “fraterie”, che erano congregazioni particolari di religiosi che avevano determinati scopi, la istruzione dei giovani, l’assistenza ai moribondi, la redenzione degli schiavi, la missione nei luoghi santi, di meditare, di elemosinare. I frati si suddividevano in province monastiche, il cui capo era un Provinciale, che aveva giurisdizione su un certo numero di conventi, mentre il Guardiano che amministrava e disciplinava un convento era denominato Priore per i Benedettini e i Domenicani, Correttore per i Minimi, Nostro Hermano per i Mercedari, e i detti Guardiani erano sottoposti gerarchicamente al Provinciale o Abate.  Anche l’abbigliamento distingueva i vari ordini, si andava dal ruvido albagio (2) al fior di lana di colore nero, alla veste di colore castagno per i Mercadanti e a quella di color latteo per Predicatori e i Benedettini, dalla foggia spiovente della tonaca sui fianchi per i monaci, alla “saccata”(3) dei Minimi alla maniche anguste degli Antoniani. I sandali erano più o meno rozzi: alcuni portavano in capo il “nicchio” (4) altri il cappello a forma di tegola. La chierica “unius mediocris palmae” era ampia per i Minimi, diventava una coroncina di capelli corti (5) per i Minori, e della grandezza di uno scudo d’argento per i monaci di S. Basilio e di S. Benedetto. I monaci erano votati alla povertà e se alcuno possedeva qualcosa essa apparteneva al convento, che, spesso, si diceva avessero ingenti patrimoni e ingenti rendite, ma, mentre nella Capitale, i frati vivevano agiatamente, in provincia sovente la campana del refettorio dei conventi suonava solo per la forma. Il Governo dovette interessarsi più volte a quei piccoli conventi di campagna che, non possedendo beni propri, sopravvivevano nella più nera indigenza . Molti i giovani, specie coloro che ambivano studiare, entravano in convento e prendevano i voti perpetui a sedici anni, e proprio il Re Ferdinando Terzo dispose che i giovani non potessero legarsi (prendere i voti) prima del compimento dei ventun anni. (6) Il voto di osservanza era denominato obbedienza: il frate, il Definitore (7), il Maestro, il Reggente erano tutti sottoposti all’autorità del Provinciale, che era colui che stabiliva la residenza del frate, determinata dall’esigenza del culto in una chiesa di provincia, ma poteva anche sostituire un provvedimento disciplinare, (una specie di domicilio coatto), ove il frate poteva essere confinato, in stretta osservanza e, talvolta, condottovi sotto la scorta della forza pubblica (8): Tuttavia esisteva una specie di tribunale di appello (il Giudice della R. Monarchia, che in genere era un alto prelato) al quale si rivolgeva colui che riteneva di essere stato ingiustamente punito. L’opinione comune era quella che le fraterie non svolgessero alcuna utile mansione per la società, Giuseppe Gorani (9) definì i religiosi persone votate al celibato e perdute per la società, Joseph Hager suggeriva di mandarli a zappare o far da manovali, il m.se di Villabianca, deplorando questo stato di cose, sosteneva che tornavano a discapito della popolazione. Nel 1779 il Re, stante il moltiplicarsi di frati mendicanti di S. Francesco, ordinò per dieci anni la chiusura dei noviziati e fissò, per le provincie siciliane il numero massimo di 900 Cappuccini, 450 Osservanti e 450 Riformisti, e sollecitò la disponibilità di uomini utili allo Stato per il maneggio delle armi e la cultura dei campi. Dal canto suo, Johann Heinrich Bartels (uomo politico tedesco 1769-1850) osservò che gli ordini religiosi assistevano la povera gente che lavorava la terra e ne riceveva il pane, che anche se bagnato di sudore non grondava di lacrime. Il francese Jean Pierre Louis Laurent Houel, anche se non molto benevolo alla partecipazione del clero nell’amministrazione civile, accettò favorevolmente l’attività di beneficenza dei frati che in un convento di Cappuccini accoglievano a desinare i “nobili poveri” (11). La clausura nei monasteri – sia maschili che femminili – era strettissima (12), solo le autorità ecclesiastiche, il medico curante e gli operai addetti a lavori di manutenzione potevano accedere nel monastero, alle donne per i monasteri maschili e agli uomini per quelli femminili, e ai militari armati era vietato l’accesso. Nel XVIII° secolo molti erano gli eminenti uomini che si dedicavano, nei monasteri siciliani, alle scienze, all’arte, che organizzarono musei, pinacoteche, librerie, specie in quelli di S. Maria del Bosco (nella valle del Belice) e di S. Nicola l’Arena (o la Rena, in Nicolosi). (13) Molte le malignità circa il comportamento degli altri ordini religiosi. I Benedettini venivano segnalati, dai religiosi di altri ordini. per la loro altezzosità (fondata sulle loro dottrine teologiche); i Domenicani, tenuti in altissima considerazione per la loro cultura, non potevano perdonare ai Francescani la immensa colonna alzata in onore della Concezione, a Palermo. in mezzo alla piazza S. Domenico, che ricordava il trionfo dei frati Conventuali, sostenitori della “Verginità della Madonna” messa in dubbio proprio dal Domenicani; i Teatini, si lamentavano per la statua di San Giuseppe, installata al posto della statua di, San Gaetano, loro fondatore e patrono, accanto alla chiesa di San Giuseppe (ai Quattro Canti di Città) (14). Altro motivo di ostilità tra ordini religiosi era generato dal posto che spettava loro nelle processioni sacre. Nel 1778, malgrado il Re – quale Legato Apostolico – avesse stabilito le norme regolatrici di tale manifestazione, scoppiarono egualmente i litigi. Tre anni dopo, ecco il nuovo provvedimento reale, che si trasmetteva “non per comune notizia … ma per l’osservanza, ad oggetto di evitarsi in avvenire le scandalose brighe che sovente per tal piato (causa) sono avvenute.”  “Per darsi fine alla controversia agitata con eccessivo calore degli animi tra i pp. Conventuali ed i pp. Osservanti e Riformisti in materia di precedenza nelle processioni e in altre pubbliche funzioni … S.M. ha avuto presente la sovrana sua reale risoluzione del 1778, con cui per posto fisso e generale fu determinato che la precedenza dei frati nelle pubbliche funzioni regolar si debba per l’antichità dell’approvazione del rispettivo loro istituto.” Ma neppure questo provvedimento raggiunse lo scopo desiderato, tanto che il Re fu costretto a rimettere la questione al Tribunale della Legazia e alla Reale Camera di S. Chiara (15), ove il giudizio contradittorio “delle bolle pontificie”, con lo intervento dei maggiori giuristi e di esperti sia storici che di scienza canonica, fu chiuso, solo nel 1794, con la seguente decisione del Sovrano che pose fine alla questione in questi termini perentori “Che si imponga perpetuo silenzio a controversie di questo genere, le quali per lungo tempo han turbato la pace dei frati col distrarli dagli esercizi di religione ai quali sono chiamati.”, che, secondo Giuseppe Pitrè si sarebbe potuto sintetizzare in “andate a farvi benedire e non mi state più a rompere la devozione!”.

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*) Lions Club Milano Galleria distretto 108 Ib-4

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Note:

  • 1)Il monastero era la residenza di una comunità religiosa, mentre i conventi erano le abitazioni dei frati. A differenza dei frati, le monache, presi i voti, vivevano in clausura,
  • 2)(dal siculo “abbraciu”, dal latino “albasius” e dall’arabo “al-bazz”) tessuto di lana grossolana usato per la confezione di tende per le navi e per gli indumenti per i galeotti;
  • 3)Maniche a forma di sacco;
  • 4)Tricorno usato dai preti;
  • 5)A simboleggiare la corona di spine sul capo di Gesù;
  • 6)I monaci del Chiostro di Monreale, in occasione della visita del Re, chiesero il privilegio della pronuncia dei voti prima del 21° anno di età … il Re, stupefatto della richiesta, concesse, da Legato pontificio, tale privilegio, dicendo “… l’avevo fatto per voi … ma visto che non vi contentate … fate il comodo vostro!”;
  • 7)Chi assiste, con il consiglio e con l’opera, il Superiore generale;
  • 8)In Sicilia i siti erano Gibilmanna, Cefalù e Castelbuono;
  • 9) Avventuriero, scrittore e diplomatico italiano – poi naturalizzato francese – (Milano 1740- Ginevra 1819);
  • 10) Diceva che “ … andando a cercare qualche frate in convento, non se ne trovasse mai uno, erano nelle botteghe o per la strada a ciarlare, a oziare mentre non pur l’agricoltura, ma anche le manifatture e le fabbriche per manco di braccia perivano”;
  • 11) architetto, incisore e pittore francese (1735-1813) scrisse “quest’opera di carità fa degni di considerazione quei frati ai quali ricchi e non ricchi fanno elemosina per sopperire alle spese …”;
  • 12) Pare che durante il periodo di permanenza a Palermo della Famiglia Reale, in occasione della visita al monastero dei benedettini di questi ultimi, alcune dame del seguito della Regina andarono a curiosare entro le mura di un monastero maschile, il che generò grave risentimento della alta gerarchia ecclesiastica. Qualche tempo dopo, una signora inglese, opportunamente travestita, si introdusse all’interno di un monastero. Dopo qualche tempo la cosa arrivò all’orecchio dell’Abate il quale vietò categoricamente l’accesso in convento a qualsiasi estraneo;
  • 13) Edward Gibbon, storico, scrittore, politico inglese (1737-1794) scrisse “Un solo convento dei Benedettini rese alla scienza forse maggiori servizi che le due università di Oxford e di Cambrige.”; anche se Bartels insinuava “La loro mondanità li teneva con un piede nel chiostro e uno nelle dorate sale degli aviti palazzi, alternando così la monotona recitazione del breviario con la variata lettura di certi libri giunti in contrabbando dalla Francia, e l’aperta contemplazione delle sacre immagini della chiesa e dei severi costumi nei dormitori con quella furtiva delle provvigioni pel chiostro, stampe di costumi e di scene illustrate, che con deplorevole leggerezza qualcuno tra essi mostrava ai visitatori stranieri.”;
  • 14) La statua è opera di Baldassare Pampillonia, del 1738, con lo stemma dell’ascia incoronata, simbolo dei falegnami, posta a lato. Secondo Michel-Jean De Borch (scritore polacco 1753-1810), la rabbia dei falegnami era provocata dal fatto che durante la festa di S. Gaetano, i monelli del rione, per dispetto, invece di inneggiare al santo protettore dei falegnami, inneggiavano a S. Giuseppe;
  • 15) L’Istituto della Legazia Apostolica fu istituito da Papa Urbano 2° nel 1098, al fine di concedere al Conte Ruggero il privilegio di Legato a Latere del Papa in Sicilia. Nel 1728 un accordo (bolla Benedetto XIII°) stabilì che il giudice ecclesiastico fosse riconosciuto delegato apostolico del Regno di Sicilia. La Real Camera di Santa Chiara, invece, era un organo del Regno di Napoli del periodo borbonico, con funzioni giurisdizionale e consultive. Avrebbe dovuto (secondo le intenzioni di Carlo di Borbone, appena salito al trono nel 1735 di istituire un governo giusto, forte, duraturo …)  svolgere le funzione di una Suprema Corte di Giustizia.

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