CHIESA DI SAN CATALDO

 Francesco Paolo Rivera *

A Palermo, in piazza Bellini si trova la chiesa di San Cataldo, nota soprattutto per le caratteristiche tre cupole sul tetto, in stile bizantino, di architettura arabo normanna, la cui costruzione si fa risalire al periodo di Guglielmo I° di Sicilia.  E’ uno dei monumenti creati, durante la dominazione normanna, dall’opera di maestranze di cultura fatimida (1) che lavoravano al servizio di committenti cristiani.  Un luogo di culto intestato a “Cataldo” (2), un religioso irlandese, monaco figlio di genitori cristiani divenuti tali a opera di missionari venuti dalla Gallia agli inizi dell’anno 600 d.C. (dai nomi impronunciabili: Euco Sambiak il padre e Aclena Milar la madre). Da loro Cataldo ricevette oltre all’educazione, l’amore per la preghiera, l’ubbidienza, lo spirito di sacrificio. Alla morte dei genitori, Cataldo donò tutti i loro beni ai poveri e dopo un periodo di permanenza nel monastero di Lismore, (situato nella parte occidentale della contea di Waterford sulle sponde del fiume Blackwater in Irlanda), del quale divenne abate, durante un viaggio in terra santa fu ispirato da una apparizione di Cristo che lo sollecitò di andare a Taranto per rievangelizzare la città caduta in mano al paganesimo. Ivi giunto, per placare una tempesta, secondo la tradizione, lanciò un anello in mare e nel punto del Mar Piccolo, in cui cadde l’anello, si formò una sorgente di acqua dolce, tuttora esistente, denominata “Anello di San Cataldo”. Si attribuirono a Cataldo, durante la sua permanenza a Taranto, parecchi miracoli tra cui quello di avere liberato dalla peste la città. Quando morì (l’8 marzo 685) fu seppellito sotto il pavimento del duomo, e della sua tomba si persero le tracce, a seguito della distruzione della città, compiuta dai Saraceni nel 927. Nel 1071 durante i lavori di scavo, per la ricostruzione del duomo, attratti da un intenso profumo, furono ritrovati i resti di una tomba contenente un corpo attribuito al Santo, che vennero traslati sotto l’altare maggiore del duomo ricostruito. Con il ritrovamento del corpo i tarantini svilupparono il culto per il santo, culto che negli anni successivi si allargò in Sicilia e a Palermo. E, riprendendo la narrazione circa la costruzione in Palermo, della Chiesa di San Cataldo, si presume che, in origine, sia nata come cappella di un palazzo voluto da Majone da Bari (3), intorno al 1154, nel periodo in cui ricoprì la carica di Grande Ammiraglio del Re, si disse, per volere emulare il suo predecessore Giorgio d’Antiochia, che aveva costruita l’attigua Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio. Nella notte del 10 novembre 1160 il Majone fu ferito mortalmente da Matteo Bonello, signore di Caccamo (4) nobile di famiglia normanna, in un attentato in via Coperta (quella strada che partendo da corso Vittorio Emanuele. costeggia a sinistra il palazzo Arcivescovile e a destra il duomo, denominata oggi via Matteo Bonello) in una congiura organizzata dai baroni siciliani che si erano ribellati al re Guglielmo I° (5) (detto Guglielmo il Malo” per le atrocità delle pene inflitte ai congiurati). L’anno successivo, in conseguenza di una nuova rivolta, il Re fece arrestare il Bonello, che aveva offerto rifugio ai rivoltosi della precedente sommossa, e fattolo accecare e mutilare dei tendini di Achille, lo tenne in carcere, fino alla morte, avvenuta poco tempo dopo. In conseguenza della morte del Majone le sue proprietà vennero acquisite dal regio demanio, che li trasferì in proprietà all’ammiraglio Silvestro de Marsico (nobile normanno, Conte di Ragusa), e, quindi, dai suoi eredi, nel 1175, alla Dogana dei Baroni (6). Nel 1182 la cappella, che era stata concessa da Guglielmo II° ai monaci benedettini di Monreale, che la utilizzarono come “gancia” (7) fino al 1787, anno in cui venne trasformata in uffici della Regia Posta (nel 1807 la direzione delle Poste destinò la cappella a ufficio per la distribuzione della corrispondenza). Presumibilmente, fino alla fine del XVII° secolo, la cappella non subì modificazioni essenziali. poi l’arcivescovo di Monreale, Giovanni Roano, promosse il ripristino del preesistente edificio. Nel 1877, si avviò il progetto di restauro della cappella, grazie all’impegno di uomini di cultura (Michele Amari) che venne realizzato dall’architetto Giuseppe Patricolo (8), il quale eliminò tutte le sovrastrutture aggiunte, nel tempo, all’originario fabbricato normanno riportandolo alla semplicità e alla bellezza delle origini. Forse, l’edificio, sicuramente congiunto ad atri corpi di fabbrica, in conseguenza delle opere di restauro realizzate dal Patricolo assunse una configurazione diversa da quella che aveva prima del restauro. La Chiesa. di forma quadrangolare, con tre finestre aperte su ciascun lato, ricorda le antiche costruzioni arabe con le tre cupole emisferiche rosse (9), all’interno suddivisa in tre campate quadrate nude, suddivise in senso longitudinale da archi su colonne; la pavimentazione a tarsie marmoree e lastre di porfido e serpentino. Due gli interventi documentati: il primo riguardò l’acquisizione della chiesa da parte dei Cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro, che restituirono al culto la cappella, come risulta dalla lapide posta sulla parete meridionale interna: il secondo intervento riguardò la demolizione di un vecchio edificio del seicento prospiciente la via Maqueda, che era stato danneggiato dai bombardamenti all’inizio dell’ultimo conflitto mondiale. Questo intervento venne realizzato nel 1948, e mise in luce un frammento delle antiche mura a protezione della città di epoca punica. Degli ornamenti originari interni si conservano l’altare maggiore e una lastra di marmo bianca ornata da una croce greca coi simboli dei quattro Evangelisti. Esiste all’interno una iscrizione, nei pressi dell’ingresso, che ricorda la sepoltura nella chiesa, effettuata dal Silvestro, nell’anno 1161, della sorellina Matilda. All’esterno presenta il paramento murario in arenaria, addolcito da intagli di arcate cieche e ghiere (anelli decorativi) traforate di ispirazione islamica. All’interno le tre navate corte e le tre cupole separate da colonne. Oggi la chiesa di San Cataldo è affidata al più antico degli ordini sacri e militari a difesa del sacro sepolcro, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che lo tiene aperto al pubblico, e dal luglio del 2015 fa parte del Patrimonio dell’Umanità (Unesco).

*L.C. Milano Galleria-distretto 108Ib-4

Note: 1) Era la dinastia islamica sciita più importante di tutta la storia dell’Islam: il suo nome deriva da Fatima Muhammad, figlia di Maometto;

2)Cataldo, sia come nome che come cognome, oggi è divenuto comune, In Italia, ma pare che derivi dall’Irlanda, composto dagli elementi gaelici “cathal” (battaglia) e “val” (dominio) o da origine germanica (valoroso in guerra);

3)Bajon da Bari fu, prima “scriniarius” (da “scrigno” o “archivio”) cioè responsabile dell’Archivio della Curia regia, poi “vicecancellarius” cioè responsabile amministrativo di determinate funzioni di governo e infine “cancellarius”, uomo dotato di capacità non comuni definito dall’Arcivescovo di Salerno “vir unique facundus, satis providus et discretus” e dopo l’incoronazione di Guglielmo I° di Altavilla ricevette il titolo di “magnus ammiratus ammiratorum”. La origine pugliese del Baione spiegherebbe sia la scelta dell’intestazione a S. Cataldo, vescovo di Taranto sia la scelta della copertura in asse delle tre cupole;

4)  In conseguenza dell’attentato vennero trucidati molti membri della corte e fu avviata una spietata caccia ai musulmani che abitavano a Palermo, molti dei quali vennero massacrati. Per motivi non chiari, Bonello si lasciò sfuggire il controllo dell’insurrezione ed il potere ritornò in mano al Re.

5)Sul portone principale del Palazzo Arcivescovile di Palermo, nella via Coperta (via M. Bonello) è inchiodata una spada che si dice essere quella con la quale il Bonello uccise il Majone. ma si tratterebbe di un falso, in quanto quel tipo di spada con elsa a cesto (che serviva a riparare la mano. di chi la usava, dal pericolo di ferite) si costruì, in Germania verso la fine del 1500;

6) “Catalogus baonujm” era l’annuario dei feudatari del Regno di Sicilia, compilato verso la metà del XII° secolo dalla “Duana Bonorum” (l’ufficio regio degli affari feudali), che rappresentò la più importante tappa per la centralizzazione del sistema amministrativo normanno, realizzato durante il regno di Ruggiero II° e distrutto nel 1161 durante la rivolta contro Guglielmo I° e ricostruito da Matteo d’Ajello sotto Guglielmo II°. Questo manoscritto, venne distrutto intenzionalmente dalle truppe tedesche il 30 settembre 1943;

7)La parola “gancia”, che proveniva dal latino “ganea” (che indicava un luogo solitario e nascosto) veniva utilizzato per indicare una costruzione adibita a casa di cura per gli infermi;

8)(Palermo 1834 –1905) docente dell’Università di Palermo;

9)La colorazione in rosso delle cupole fece parte dei lavori di ripristino artistico dell’opera progettati dal Patricolo. Intono al 1885, ed il colore rosso, che caratterizza altri monumenti normanni palermitani, pare sia una invenzione ottocentesca.

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