REGOLE PER UN (BUON) CLIENTE AL RISTORANTE, AL BAR O IN PIZZERIA

Ciro Cardinale *

Questa estate sui giornali, siti di news e social sono impazzate le notizie di “conflitti” scoppiati tra ristoratori e clienti per i prezzi delle consumazioni schizzati alle stelle, le richieste di supplementi considerate “assurde”, come quelli per dividere a metà un tramezzino o per avere un piatto in più sul quale adagiare qualche forchettata di pasta da offrire al proprio bambino, le mance obbligatorie, i prezzi diversi a seconda dell’orario della consumazione, i rifiuti di pagamenti con carta di credito o bancomat… Questa estate il mondo della ristorazione è sembrato a tanti come impazzito, mentre i clienti si sono spesso sentiti presi in giro, saltando su nel vedere stampati sullo scontrino qualche voce particolare non prevista prima o prezzi gonfiati. Ma le cose stanno davvero così? E in ogni caso, come possiamo difenderci di fronte a possibili abusi? Anzitutto occorre ricordare che il rapporto che nasce tra il cliente ed il ristoratore, il pizzaiolo o il barista è un contratto con il quale il secondo si impegna a somministrare alimenti e bevande al primo, dietro pagamento del corrispettivo. Nell’esecuzione di tale contratto le parti ovviamente sono tenute a comportarsi secondo buona fede, non superando il limite della correttezza e del buon senso reciproci. Fra clienti e gestori di bar, ristoranti e pizzerie ci dovrebbe in ogni caso essere un patto di fiducia, una sorta di galateo non scritto, ma con regole e norme che vanno rispettate da entrambe le parti, perché se è vero che i ristoratori devono garantire un trattamento corretto ai clienti, questi ultimi non devono avanzare richieste e pretese assurde, rispettando sempre il lavoro di chi si trova lì per servirci al meglio. Occorre pure sapere che non c’è una legge che vieti al ristoratore di chiedere un supplemento per l’uso di un altro piatto o il taglio della torta, ma è necessario che il cliente ne venga sempre informato prima, per evitare di trovare poi sgradite sorprese al momento di pagare il conto. Ed allora che fare? Andiamo un po’ con ordine. Nel caso in cui alla cassa ci dicono che non è possibile pagare il conto con carte di credito o bancomat, possiamo rifiutarci di pagare in contanti e chiedere anche l’intervento delle forze dell’ordine, le quali potranno applicare al ristoratore una sanzione amministrativa, il cui importo sarà rapportato anche ad una percentuale dello scontrino da pagare. Spesso però, come si può capire, si tratta solo di poche decine di euro di multa, che non possono certo rappresentare un salasso o un deterrente per il ristoratore dal ripetere simili rifiuti. Dobbiamo pure ricordare che è sempre possibile – a certe condizioni – rifiutarsi di pagare il conto, quando il servizio è inadeguato o scadente, manca il listino prezzi o questo non è esposto all’esterno del locale, i costi dei beni e servizi sono maggiorati rispetto a quelli indicati nel menu, vengono serviti in tavola piatti diversi da quelli inseriti nel menu o ordinati o con ingredienti differenti da quelli indicati, non viene segnalata la presenza di allergeni o il grado di freschezza del prodotto, perché è obbligatorio dichiarare nel menu quali sono i prodotti surgelati e quelli decongelati impiegati nella preparazione dei piatti. In tutti questi casi si può contestare subito il conto e addirittura rifiutarsi di pagarlo. Per quanto riguarda poi la mancia da lasciare al cameriere come segno di gratitudine e ringraziamento per averci servito bene, ricordiamo che in Italia essa non è obbligatoria, a differenza di altri paesi, come Stati Uniti o Canada, dove è invece obbligatorio lasciare una mancia pari al 15 – 20% del conto, per cui è sicuramente illegale pretenderla o, addirittura, inserirla come una voce obbligatoria nel menu o nello scontrino. Ancora, la legge non prevede neppure un tempo massimo consentito al cliente per fermarsi al tavolo di un locale, perché egli ha tutto il diritto di consumare cibo e bevande con calma, senza che gli si metta fretta. Ma anche qui va usato il buon senso. Se una volta terminato il nostro pasto vorremmo restare un po’ più a lungo e non ci sono persone ancora in fila che aspettano per sedersi, è buona creanza chiedere al titolare del locale se è possibile trattenersi, magari facendo ancora una piccola ordinazione. E veniamo adesso al “diritto di torta o di tappo”, cioè al diritto dei clienti di portare al ristorante una torta fatta in casa o acquistata in pasticceria o una bottiglia di vino o spumante comprati in enoteca per festeggiare un’occasione speciale dopo la cena consumata sul posto. In tutti questi casi il proprietario del locale può decidere se accettare o meno l’oggetto portato dal cliente, per cui bisogna sempre chiedere prima al ristoratore per evitare discussioni poi, in quanto su quest’ultimo gravano alcuni obblighi di legge a tutela della salute dei consumatori. Infatti, nel caso in cui si tratti di una torta fatta in casa il ristoratore ha l’obbligo di verificare che essa rispetti tutti gli standard di sicurezza alimentare stabiliti dal protocollo HACCP, mentre per la torta comprata in pasticceria basta solo esibire lo scontrino di acquisto. Il ristoratore, infine, potrà pure chiedere un supplemento per il taglio della torta e la distribuzione delle fette con piattini e forchettine o per l’apertura del vino e la sua conseguente mescita nei bicchieri.

*LC Cefalù

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