COMUNIONE E SEPARAZIONE DEI BENI TRA I CONIUGI. QUALE SCEGLIERE?

Ciro Cardinale*

Quando una coppia decide di sposarsi, tra le varie incombenze che gravano sui futuri sposi accanto alla scelta della casa dove fissare la residenza, dei mobili che l’arredano, del tipo di matrimonio (in chiesa o in municipio) o degli ospiti da invitare, una importante decisione da prendere è quella del regime patrimoniale da adottare per la futura nuova famiglia. Il regime patrimoniale è l’insieme delle norme che regolano i rapporti patrimoniali tra i coniugi al fine di uguagliare la loro posizione economica e salvaguardare i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio. In base alle norme del codice civile i coniugi possono liberamente scegliere tra il regime della comunione o quello della separazione dei beni; in mancanza di una espressa diversa volontà, si applicherà automaticamente il regime patrimoniale legale della comunione dei beni (articolo 159 del codice civile). Ma quale regime patrimoniale conviene scegliere? Con la comunione tutti i beni acquistati dai coniugi a partire dal giorno delle loro nozze sono considerati come acquistati insieme da entrambi, per cui ciascuno di essi ne sarà proprietario al 50%. Non rientrano però nella comunione dei beni i beni personali, cioè quelli che erano di proprietà del coniuge già prima del matrimonio, quelli di uso personale, quelli necessari per l’esercizio della sua professione, quelli che il coniuge ha ricevuto per successione o donazione, anche durante il matrimonio. Su tali beni, quindi, il coniuge a cui appartengono ha la proprietà esclusiva e può farne quello che più crede, senza chiedere permesso o dare giustificazione alcuna all’altro partner, ovviamente senza ledere il buon andamento anche economico della famiglia. Ma questo è un altro discorso che esula dal tema qui affrontato. I coniugi, però, come già detto possono scegliere un diverso regime patrimoniale, quello della separazione dei beni (articolo 215 codice civile); in questo caso ciascuno degli sposi è libero di disporre della proprietà esclusiva dei beni acquistati non solo prima, ma anche durante il matrimonio, senza subire alcuna ingerenza da parte dell’altro. Anche tale regime non esime ovviamente i coniugi dalle loro responsabilità verso la famiglia, essendo comunque sempre tenuti a contribuire, secondo le loro possibilità economiche, alle spese necessarie al sostentamento del nucleo familiare. Dato che il regime patrimoniale legale della famiglia è quello della comunione, la scelta del diverso regime di separazione dei beni deve essere fatta espressamente dagli sposi prima o dopo il matrimonio, con un’apposita convenzione stipulata dagli sposi davanti ad un notaio, oppure al momento della celebrazione del matrimonio, con una dichiarazione fatta al sacerdote o all’ufficiale di stato civile celebrante. Ma anche se i coniugi hanno scelto il regime della separazione dei beni, nulla toglie che gli stessi possano decidere di acquistare insieme un determinato bene che, pertanto, ricadrà esso solo in comunione. In caso di separazione dei coniugi che, a differenza del divorzio, non scioglie il matrimonio, modificandone solo alcuni effetti, se i coniugi si trovano in regime di separazione dei beni non ci sono problemi, in quanto tutti i beni acquistati dal singolo durante il matrimonio continuano a restare ovviamente di sua esclusiva proprietà anche dopo la separazione. Qualche problema potrebbe sorgere invece per i beni di cui entrambi i coniugi sono comproprietari per effetto della comunione. In questo caso se c’è accordo tra i coniugi sulla separazione si può procedere allo scioglimento della comunione, con la successiva divisione dei beni secondo le disposizioni del codice civile (articoli 1111 e seguenti). Se, al contrario, non c’è accordo e quindi si deve ricorrere necessariamente al giudice per la definizione della separazione, sarà compito di quest’ultimo decidere sullo scioglimento anche della comunione dei beni tra i coniugi. In caso di morte di uno dei due coniugi, infine, occorrerà aprire la successione del coniuge defunto ed i suoi beni andranno divisi tra tutti gli eredi in base alle quote previste nel codice civile, oppure secondo le volontà racchiuse nel testamento del defunto. Ovviamente in caso di comunione dei beni in successione ricadrà solo il 50% del patrimonio comune, considerando che l’altro 50% è già in proprietà del coniuge superstite. A questo punto dovremmo rispondere alla domanda iniziale su quale regime patrimoniale della famiglia conviene scegliere. Non esiste una risposta più corretta dell’altra, perché tutto dipende dal rapporto che si istaura tra i coniugi, dal tipo di lavoro svolto, dalla loro stabilità economica, dal patrimonio che essi sono in grado di acquisire durante il matrimonio. Possiamo però dire che se uno dei due sposi è esposto a particolari rischi patrimoniali, perché è un imprenditore o un libero professionista, converrebbe optare per il regime patrimoniale della separazione dei beni, onde evitare che anche l’altro coniuge possa incappare in eventuali rischi legati alla sua attività lavorativa e perdere così anche la sua quota parte del patrimonio familiare. Lo stesso discorso si può fare anche nel caso in sui si hanno figli nati da un precedente matrimonio o da una pregressa relazione, in quanto la separazione dei beni eviterebbe conflitti per la spartizione dell’eredità con il nuovo coniuge o con i figli nati dal nuovo matrimonio.

L.C .  CEFALÙ

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