Es un soplo la vida

Da Fantasmi a Buenos Aires
di Rosa Maria Ponte
(seconda parte)

Invece all’ingresso delle catacombe dei Cappuccini, a Palermo, c’era scritto proprio così: “Vietato fumare”. Quella mattina si era deciso a visitarle, sembrava che lui fosse rimasto l’unico palermitano a non averlo mai fatto. C’era anche scritto: “Ingresso gratuito”, ma il monaco, un vecchietto di bassissima statura, che faceva da guida, prima di iniziare a scendere le scale del sotterraneo, tese eloquentemente il palmo della mano. Daniele vi mise qualcosa e lui accelerò il passo e insieme scesero le scale che portavano giù nelle catacombe.
Scendendo quei gradini di pietra consunta Daniele si chiedeva se avesse fatto bene ad andare lì. Non sarebbe stato meglio rimanere uno dei pochissimi concittadini a non aver mai visitato quel posto? Se lo era sempre immaginato come un luogo raccapricciante e ora, vedendolo nella realtà, le sue lugubri presenze lo avrebbero sicuramente perseguitato nelle notti insonni. Perciò non aveva mai avuto il coraggio di andarci. Arrivarono finalmente all’ingresso di quel grande cimitero sotterraneo. Il monaco tastò la parete a destra e accese le luci: grandi stanzoni dai soffitti a volta si susseguivano per poi girare a destra e a sinistra verso altri locali sicuramente altrettanto grandi : un intricato labirinto che poteva essere visitato soltanto con una guida. Le lampadine, in alto, male illuminavano gli ambienti tanto che da principio Daniele non si accorse che le pareti erano interamente tappezzate di corpi umani imbalsamati, sia appesi che sdraiati in loculi, interamente vestiti con gli abiti che si usavano nel tempo in cui erano vissuti, con calze e scarpe e gli uomini, talvolta, anche col cappello o la papalina. Il monaco spiegava che quei corpi erano raggruppati secondo i mestieri o le professioni che avevano svolto da vivi: c’era la zona riservata ai frati, alle suore, quella dove avresti visto solo medici, quella degli avvocati, la parte riservata alle donne sposate, alle vergini con palma e corona , ai neonati in abiti da battesimo. Era una folla immensa che lo fissava con orbite vuote. Non tutte vuote, comunque. Alcune mummie sembravano aver conservato gli occhi o forse l’imbalsamatore, per voler rendere più realistico l’insieme, aveva inserito al loro posto delle protesi di vetro.

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