La chiesa di S. Giovanni dei Napoletani

( Giacomo Cangialosi)

I napoletani ebbero la loro prima sede in una chiesa eretta dietro la chiesa della Madonna di Piedigrotta e che era stata fondata nel 1088 e dedicata a S. Giovanni Battista dai principi normanni. Tale chiesa era annessa ad un monastero cistercense dipendente da quello di Santo Spirito fuori le mura e in seguito venne annessa ad un ospedale. Nel 1519 i napoletani residenti a Palermo si riunirono in una congregazione e ottennero dal Rettore dell’Ospedale Grande l’uso di questa chiesa. Ma dopo pochi anni, nel 1526, Carlo V ordinò che l’edificio venisse demolito in quanto impediva le operazioni belliche del vicino Castello a Mare e i napoletani ottennero un terreno di fronte alla chiesa della Catena per erigervi un nuovo tempio, il cui architetto fu Giuseppe Giacalone,  terminato nel 1617 e dedicato sempre al Battista. La chiesa veniva amministrata con le rendite pagate dagli stessi napoletani e non dipendeva dall’Ordinario ma dal Giudice della Regia Monarchia. All’inizio la chiesa era preceduta da un portico più ampio dell’attuale ma, quando nel 1581 venne prolungato il Cassaro, essendo ancora la chiesa in costruzione, il portico venne tagliato negli spigoli assumendo l’aspetto poligonale attuale.

Nel XVIII secolo venne arricchita da stucchi lumeggiati in oro opera di Procopio Serpotta. Oggi i tre fornici sono semi-tampognati per motivi statici successivi al terremoto del 1823. In questa chiesa era molto venerato S. Gennaro tanto che i reali borbonici nel 1799 per la prima volta vi furono accolti per il giorno festivo del patrono dei napoletani. La chiesa da due porte: una con bel portale rinascimentale sotto il portico rivolta ad oriente ed un’altra che da sulla piazza Marina sovrastata dal campanile.

L’interno è a tre navate separate da colonne di granito, transetto e una cupoletta maiolicata all’esterno molto caratteristica che insiste su un tiburio ottagonale. Nella controfacciata in basso due edicole marmoree cinquecentesche e in alto il letterino per l’organo che era stato realizzato dal celebre organaro Raffaele La Valle, nella balconata si trovavano quindici quadretti con i Misteri del Rosario (oggi non più esistenti come anche l’organo) opere di Vincenzo Romano. Sull’altare maggiore, dove un tempo vi era una tavola con la “Madonna del Rosario”, fu poi posta una “Sacra Famiglia”. Adiacenti al presbiterio vi sono due cappelle: in quella di sinistra vi era il quadro con “L’Annunciazione” e in quella di destra la “SS. Trinità” (oggi  alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis) entrambi di Giuseppe Albina detto il Sozzo. Notevoli quattro statue in stucco di Procopio Serpotta raffiguranti la Verginità, la Grazia,  la Giustizia e la Fertilità. Nella navata destra vi sono, dietro una bella balaustra in marmi mischi, la cappella con decorazioni anch’esse in marmi mischi di S. Giovanni Battista con la statua in marmo gaginesca trasferita dall’antica chiesa, la cappella di S. Gennaro e quella di S. Rosalia.

Nella volta era un affresco dello Zoppo di Gangi raffigurante il titolare della chiesa. Dopo gli anni ’60 del XX secolo la chiesa rimase chiusa per molti decenni fino a che, restaurata,  è stata riaperta al pubblico.  Oggi si presenta spoglia dei quadri che l’adornavano, resta solo la statua del Battista nel suo altare barocco, le statue delle Virtù,  alcuni monumenti funerari tra cui quello dei Trabucco benefattori della chiesa e sull’altare maggiore una statua settecentesca lignea raffigurante La Madonna con il Bambino. In un vano presso l’altare e in alcune stanze del piano superiore sopra il portico degni di nota i tetti con travi dipinte.

Le foto per gentile concessione dell’amico Nuccio La Mantia

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